La torre d'Avorio
Prosa

La torre d'Avorio

di Ronald Harwood
traduzione di Masolino d'Amico
con Peppino Mazzotta, Gianluigi Fogacci
regia di Luca Zingaretti

traduzione di Masolino d'Amico
con Luca Zingaretti, Massimo De Francovich, Peppino Mazzotta, Gianluigi Fogacci

Spettacoli

martedì 16 aprile, 20:45Sala Maggiore
mercoledì 17 aprile, 20:45Sala Maggiore

Zingaretti, come regista e nella divisa del maggiore statunitense Arnold e Massimo De Francovich nel ruolo del direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, sono i protagonisti dell'opera nella quale il britannico Ronald Harwood (Oscar per la sceneggiatura di Il pianista di Roman Polansky) porta sulla scena il rebus morale dell’autonomia dell’arte di fronte alla politica.

È la controversa e affascinante storia del grande direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, a Berlino nel periodo della denazificazione. Egli è sempre stato simbolo dell'imparzialità e della terzietà pur attraversando un periodo in cui almeno formalmente sembrerebbe essere impossibile. Tuttavia gli alleati, in cerca di casi esemplari da portare agli occhi di tutti decidono di indagare in cerca di chissà quale elemento per affossare anche l'ultimo dimostrante della presunta superiorità tedesca.

“La commedia – scrive Masolino d’Amico che ha curato la traduzione del testo - debuttò a Londra nel 1995 per la regia di Harold Pinter e fu ripresa a New York e in molte altre città. Il titolo originale, Taking sides, significa letteralmente “schierarsi”: non un gran che in italiano, meglio comunque di quello appioppato al film di Istvan Szabò del 2001 (con Harvey Keitel e Stellan Skarsgard), A torto o a ragione. Proponendo di renderlo come La torre d’avorio si è voluto alludere alla condizione di orgoglioso isolamento che l’artista crede, forse a torto, di potersi permettere sempre.”

“Ronald Harwood – prosegue Masolino D’Amico - l’autore di Servo di Scena, ma poi anche di numerosi altri testi teatrali, letterari e cinematografici è contemporaneamente ebreo, appassionato di musica e sudafricano: in grado sia di guardare il contegno di Furtwängler con gli occhi critici di una delle vittime, sia la tracotanza del filisteo maggiore Arnold con quelli di qualcuno per cui l’arte sia un bene supremo e irrinunciabile, sia l’atteggiamento dei vincitori dalla prospettiva di uno di loro ma che non è coinvolto come loro."

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