Duetto - 1989/2011
Danza al ridotto

Duetto - 1989/2011

coreografia Alessandro Certini e Virgilio Sieni (1989)
interpreti Mattia Agatiello, Riccardo Olivier


PROGETTO RIC.CI
Reconstruction Italian Contemporary Choreography
Anni Ottanta-Novanta
ideazione e direzione artistica Marinella Guatterini

coreografia Alessandro Certini e Virgilio Sieni (1989)
musiche Igor Stravinskij
scene Tiziana Draghi
costumi Loretta Mugnai
interpreti Mattia Agatiello, Riccardo Olivier

Spettacoli

sabato 25 febbraio, 20:45Sala del Ridotto

Lo spettacolo è una evoluzione del primo bellicoso Duetto(1989) di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, spettacolo che raccontava una sfida tra due guerrieri sul campo di battaglia, e del loro smarrimento nel momento del combattimento, identificato in una tragedia iconografoca interiore nella quale la danza dialoga sul bene e sul male.
Il Duetto 2012 è un condensato racconto gestuale dove i due attori-danzatori, in abiti ricchi, dorati, di foggia indiana, suggeriscono con le sole mani e un gioco di teste epico, ma fortemente ironico, del loro pezzo, la lotta di due improbabili guerrieri del Bhagavadgita.
Duetto lega con intelligenza ed eleganza la danza pura, narrativa e il folklore; disperde eventuali influenze del teatrodanza indiano in un flusso continuo, occidentale, alla maniera di Merce Cunningham, per coagularlo in una struttura a quadri rigidi, creati dal solo alternarsi di buio e luce. I due valorisi interpreti utilizzano oggetti da fumetti. L'intento è maliziosamente performativo alla Kounellis, alla Beuys.

Progetto RIC.CI - Reconstruction Italian Contemporary Choreography
Anni Ottanta-Novanta
ideazione e direzione artistica Marinella Guatterini
assistente alla direzione artistica Myriam Dolce

Premesse teoriche

Da qualche tempo e in ambito internazionale è in atto una tendenza a recuperare le più significative o riuscite coreografie del passato. Tale tendenza viene caldeggiata e sviluppata soprattutto dai maggiori creatori di danza contemporanea nati tra gli anni Sessanta e Settanta (e non solo loro: pensiamo agli Early Works recuperati dalla settantenne Trisha Brown), probabilmente spinti a misurarsi con il valore della memoria, tante volte esaltato in rassegne, e auspicato da critici ed esperti. Non si tratta di una casualità, o di colmare i vuoti dovuti a taluni momenti di stanchezza creativa o esistenziale, di cui per altro anche gli artisti più sensibili e titolati, possono essere preda, bensì di una ragionata strategia: del riconoscimento di un atto dovuto alla storia della danza in sé, alla sua tradizione e soprattutto a un pubblico sempre cangiante e nuovo. Non possedere un repertorio - estasiante utopia, professata con ostinato rigore da taluni artisti non solo odierni - preclude alle giovani generazioni il piacere di assistere a taluni evergreen del contemporaneo, ma nega anche all’artista quello “sguardo allo specchio” necessario per trovare o ritrovare se stesso anche se proiettato in rotte diverse e sempre in fieri. Inoltre, per alcuni artisti maggiori sulla scena internazionale ricostruire il proprio repertorio d’esordio equivale anche a un passaggio di consegne ai loro giovani adepti “di scuola” (è il caso di P.A.R.T.S. di Anne Teresa De Keersmaeker) o di compagnia e apporta positive conseguenze nel loro modo di affrontarne il linguaggio e di comprenderne più a fondo il percorso.

Ben al di là di questa specifica, e pur importante funzione “d’apprendimento”, riguardante anzitutto l’interprete nel suo rapporto con il coreografo o i coreografi di riferimento, è presente in questo genere di revival una precisa esemplarità coreografica. Viene sconfessata l’idea che si possa diventare davvero dei creatori di danza in grado di sviluppare e far lievitare nel tempo una propria personale cifra poetica senza aver dato prova sin dagli esordi di possedere un’inesplicabile vocazione o “chiamata artistica”. La libera scelta della sperimentazione nell’ambito di una danza contemporanea non puramente di facciata traspare laddove spesso con naturalezza e quasi inconsapevolmente ci si avvicina alle problematiche del linguaggio e alla ricerca sul corpo espressivo prima ancora che a temi e “messaggi”.

Da questo osservatorio a carattere internazionale, e da questa generale premessa, ma anche, e forse soprattutto, da una riflessione sull’odierna situazione italiana, nasce il Progetto RIC.CI tutto teso a dare risalto e a ricordare un passato dimenticato ma nel quale invece risiedono i germi di una cretività e progettualità già chiaramente delineate.

Specificità del progetto
Il quinquennale Progetto RIC.CI si propone almeno quattro obiettivi:
1) Rendere chiaro da dove sono partiti taluni coreografi oggi sicuramente riconosciuti come tali.
2) Coinvolgere giovani emergenti in qualità di interpreti, ma anche di assistenti alla ricostruzione delle coreografie e delle piéce prescelte.
3) Restituire al pubblico attuale, molto più aduso a fruire e apprezzare la danza contemporanea di quanto non lo fosse vent’anni or sono, coreografie o performance dalla certa e inossidabile forza espressiva. Taluni spettatori ne serberanno il ricordo, per altri si tratterà di novità assolute.
4) Creare un “pacchetto” esemplare, esportabile anche all’estero in cui la danza italiana di ricerca e autenticamente contemporanea mostri di avere una storia e una tradizione importante.
Oltre a Duetto (1989) di Alessandro Certini/Virgilio Sieni in scena a Torinodanza il 14 ottobre 2011 e poi nel circuito di altri sei produttori/collaboratori al progetto, la seconda coreografia ricostruita da RIC.CI sarà Calore (1982) di Enzo Cosimi, al debutto il 29 marzo 2012 al Comunale di Ferrara, indi come Duetto, nel circuito creato.

I PRODUTTORI/COLLABORATORI AL PROGETTO SONO: Torino Danza, Amat – Associazione Marchigiana Attività Teatrali, Arteven – Circuito Teatrale del Veneto, FabbricaEuropa, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli Cremona, Teatro Pubblico Pugliese.

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