Vergine madre
Prosa al ridotto

Vergine madre

con Lucilla Giagnoni

di e con Lucilla Giagnoni
collaborazione ai testi Marta Pastorino
musiche originali Paolo Pizzimenti
scene e luci Lucio Diana e Massimo Violato

Durata: 1 ora e 50 minuti, senza intervallo

Spettacoli

giovedì 23 febbraio, 20:45Sala del Ridotto

Ad un certo punto la vernicetta patinata che ci ricopre, salta.
Si scrostano ad una ad una le certezze: lavoro, futuro, democrazia. Gente che diventa sempre più ricca. Poveri , tanti poveri. Ignoranza. Esaurite tutte le considerazioni possibili, qualcuno ha anche manifestato apertamente, si è combattuto perché non fosse così. Ma così è stato. C’è la guerra, lo scannamento, il terrore e poi l’angoscia sottile e quotidiana. Si uccidono i bambini.
Qualcuno ricorda che in fondo la fine del mondo c’è già stata, per qualcuno invece sono i segni di un’apocalisse prossima ventura. Forse non resta che pregare.

Sei canti della Divina Commedia, probabilmente i più noti. Sei tappe di un pellegrinaggio nel mezzo del cammin di nostra vita: Il viaggio (Il primo canto dell'inferno), La Donna (Francesca il V), l'Uomo (Ulisse, il XXVI), il Padre (Ugolino il XXXIII), la Bambina (Piccarda il III del Paradiso), la Madre (Vergine madre il XXXIII del paradiso).
E’ la Commedia Umana di Dante, una strada che si rivela costeggiata da figure “parentali”: Quello che si compone, guarda caso, è il disegno di una famiglia. I canti non vengono spiegati, per quanto, ad essere sinceri, in gran parte siano incomprensibili all’ascolto. Ma sono anche parole incantatorie, quelle della Divina Commedia, parole taumaturgiche, rituali.
Eternamente ripetute come le preghiere. Dalla lettura dei canti scaturiscono storie.

Il lato oscuro di Ulisse, l'aspetto meraviglioso e terribile del padre, la santità dei bambini, la lussuria di tutte le donne, la grandezza della madre... un percorso ricco, sorprendente e, soprattutto, confortante. Come la preghiera.
La poesia e l'arte sono una tregua per gli affanni degli uomini.
Per questo ho pensato che questo lavoro fosse destinato soprattuto alle chiese.
A cantare e raccontare storie è una donna.
Perché più spesso sono le donne a pronunciare, senza mediazioni, il desiderio di pace. Sherazade si salva raccontando. E perché sicuramente l’anima ha una voce femminile.

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