Liberamente ispirato alle opere di Sofocle e ai racconti del mito
IL CANTO DI EDIPO è una versione site specific di Tragùdia, il nuovo progetto artistico di Alessandro Serra. Questa particolare messa in scena, pensata appositamente per il Teatro Olimpico di Vicenza, oltre che a pochi oggetti e ai costumi vedrà protagonisti i due elementi qualificanti il tragico: il canto e la danza.
Spettacolo in grecanico con sopratitoli in italiano
Lo spettacolo prevede scene di nudo parziale e l'utilizzo di luci stroboscopiche.
venerdì 27 settembre, 21:00 | Teatro Olimpico di Vicenza |
sabato 28 settembre, 21:00 | Teatro Olimpico di Vicenza |
domenica 29 settembre, 21:00 | Teatro Olimpico di Vicenza |
Il linguaggio è ciò che vogliamo dire
(Italo Calvino)
Macerie.
In un’epoca di macerie non c’è altra possibilità che lavorare su ciò che resta, soffiare sulle ceneri per riattivare il fuoco.
Ciò che resta della tragedia:
parole senza suono.
Ciò che resta della polis:
una società di estranei. Ciò che resta del rito:
una drammaturgia spenta. Ciò che resta di un mito:
una storiella venuta a noia. Ciò che resta di un eroe:
un personaggio fuori fuoco.
Il canto di Edipo si edifica sulle macerie.
Scrive Antifane nella commedia Poiesis:
La tragedia è un'arte fortunata, perché gli spettatori conoscono l'intreccio già prima che il poeta lo racconti, basta ricordarglielo. Appena pronunziato il nome di «Edipo», già si sa tutto il resto - il padre Laio, la madre Giocasta, le figlie, i figli, che cosa ha sofferto, la sua colpa.
Come ricostruire oggi quel sapere collettivo che esonerava il poeta tragico dal dover volgere in prosa il mito e lo legittimava a sollecitare immediate visioni nel pubblico?
Come compiere il tragico oggi?
Quale linguaggio è, ciò che tramite Sofocle, vogliamo dire allo spettatore? E in quale lingua?
Il greco di Sofocle era volutamente alto e musicale, una lingua che ci strappa dal piano di realtà e ci pone su un livello di trascendenza.
Come consegnare al pubblico la drammatizzazione perfetta del mito perfetto in una lingua non ostile e concettuale ma musicale, istintiva e sensuale?
L’italiano sembra abbassare il tragico a un fatto drammatico.
Abbiamo perciò scelto il grecanico, lingua che ancora oggi risuona in un angolo remoto di quella che fu la Magna Grecia, una striscia di terra che dal mare si arrampica sull’Aspromonte scrutando all’orizzonte l'Etna.
Vestigia sonore di un antico greco oggi parlato da pochi individui figli di una generazione che aveva vergogna della lingua di Omero e ha smesso di insegnarla ai figli, per concedersi la speranza di un futuro migliore, in una società in cui la lingua dei poeti è stata scalzata da quella della televisione.
Un idioma antichissimo sporcato da lingue piovute dall’alto e da dialetti subalterni cresciuti spontanei nel campo sublime seminato dai greci come il calabro e il pugliese.
La tragedia di Edipo è ambientata in una città ridotta al lumicino, arida, sterile, in decomposizione. Eppure Sofocle guida lo spettatore verso una luce interiore che si manifesterà a Colono, nel bosco sacro in cui Edipo verrà letteralmente assorbito dagli dei.
La tragedia perfetta della quale Aristotele si serve costantemente come modello ideale nel corso della sua trattazione teorica.
Tragedia freudiana per antonomasia. Archetipo stesso di qualsiasi tragedia.
Ripartiamo dalle crudeli visioni di Artaud:
È stupido rimproverare alle masse di non avere il senso del sublime, quando si confonde il sublime con una sua manifestazione formale, che oltretutto è sempre una manifestazione morta. Se per esempio la folla contemporanea non capisce più Edipo re, oserei dire che è di Edipo re la colpa, non della folla.
Come consegnare Edipo alla folla contemporanea nella sua funzione primigenia di pharmakos? Capro espiatorio espulso dalla stessa città che lo aveva salutato come re.
Come rendere Sofocle accessibile a tutti?
Come elaborare il lutto per la perdita della polis e del sacro? Come liberare Edipo dalla sua colpa?
Edipo, il fortunato salvatore della polis che risponde a un indovinello per bambini. Edipo, l’incestuoso e il parricida.
Edipo, che ha il coraggio supremo di voler conoscere sé stesso. Edipo che rinnega gli dèi e i veggenti, Edipo che discende alle radici marce del suo albero genealogico, si riconosce e si acceca gli occhi.
Non per punirsi ma per acquisire una vista profetica.
Privato della vista esteriore finalmente Edipo vede il suo cammino senza perdere la sua umana fragilità. Vaga nelle tenebre in cerca della sorgente di luce.
Cammina senza guida in direzione del bosco caro alle Eumenidi e in un bagliore luminoso si congiunge agli dei, conquistando così, come Krishna, la liberazione da questo mondo materiale.
con | Alessandro Burzotta, Salvatore Drago, Francesca Gabucci, Sara Giannelli, Jared McNeill, Chiara Michelini, Felice Montervino |
regia, scene, luci, suoni, costumi | Alessandro Serra |
traduzione in lingua grecanica | Salvino Nucera |
voci e canti | Bruno de Franceschi |
collaborazione ai movimenti di scena | Chiara Michelini |
collaborazione al suono | Gup Alcaro |
collaborazione alle luci | Stefano Bardelli |
collaborazione ai costumi | Serena Trevisi Marceddu |
direzione tecnica e tecnica del suono | Giorgia Mascia |
direzione di scena | Luca Berettoni |
costruzione scena | Daniele Lepori, Serena Trevisi Marceddu, Loic Francois Hamelin |
produzione | Sardegna Teatro, Teatro Bellini, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale , Fondazione Teatro Due Parma |
in collaborazione con | Compagnia Teatropersona, I Teatri di Reggio Emilia |
Durata: 70 minuti (senza intervallo)
Evelina Rosselli
Prima assoluta
Azione di improvvisazione creativa per una comunità di performer
Francesco Giomi
Chiamata pubblica
Marco Martinelli
con gli adolescenti di Pompei, Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Torre Annunziata e Vicenza
Prima regionale