Eumenidi

testo e regia di Vincenzo Pirrotta

testo e regia di Vincenzo Pirrotta
tastiere e strumenti elettronici di Luca Mauceri
chitarra elettrica di Michele Marsella Tammorra
percussioni di Giovanni Parrinello
musiche di Ramberto Ciammarughi
scene di Pasquale De Cristofaro
regia e costumi di Vincenzo Pirrotta
con Vincenzo Pirrotta, Giovanni CalcagnoMarcello Montalto, Salvatore Ragusa e Maurizio Rippa
una produzione CTB Teatro Stabile di Brescia
in collaborazione con il 68° Ciclo Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza

durata: 70 min senza intervallo

Incontro con il regista Vincenzo Pirrotta presso l’Odeo del Teatro Olimpico
sabato 10 ottobre ore 18.30

moderatore: Antonio Stefani, giornalista, critico, saggista, scrive per Il Giornale di Vicenza



Spettacoli

venerdì 9 ottobre, 21:00Teatro Olimpico di Vicenza
sabato 10 ottobre, 21:00Teatro Olimpico di Vicenza

“Eumenidi” di Eschilo per la regia di Vincenzo Pirrotta, segna un altro appuntamento importante per il 68° ciclo di spettacoli classici.  Nella traduzione di Pier Paolo Pasolini, Vincenzo Pirrotta traspone la tragedia in Cunto tradizionale siciliano e utilizzando la sua particolare arte, quella del “cunto”, l’attore, regista e autore propone una singolare e coinvolgente lettura di “Eumenidi” da Eschilo. Con un cunto sempre incalzante, in continuo movimento, con una fisicità prorompente, Vincenzo Pirrotta, senza tregua, a torso nudo e con la spada in mano, narra della drammatica fuga di Oreste che dopo avere assassinato la madre Clitennestra, è inseguito dalle feroci Erinni. Alla fine, però, con l’aiuto di Apollo e giunto davanti alla dea Atena verrà processato e assolto. Pirrotta, poeta del cunto, riesce a rendere attuale la tragedia, parlando di giustizia, e dei drammi che spesso ci passano davanti e noi ignoriamo.

"Avevo già lavorato sull’intera trilogia di Eschilo. La raccontavo in pubblico utilizzando le forme popolari del cunto, affidandomi alla particolare scansione ritmica di questo tradizionale genere siciliano di racconto. Eumenidi prosegue il lavoro in questa direzione e lo approfondisce. Avendo fatto tesoro dei ritmi del cunto tradizionale sono andato alla ricerca di forme più arcaiche, quelle ancora vive nelle tradizioni nordafricane e maghrebine, le cui assonanze sono presenti nella cultura della mia isola. Il corpo, che per me è parola e musica, è il protagonista scenico di questa riproposizione delle mie Eumenidi andate in scena alla Biennale di Venezia del 2004 e coprodotte dal Teatro Stabile di Brescia, dal Teatro di Roma, e dalle Orestiadi di Gibellina. Io reciterò tutti i personaggi sarò Oreste, sarò l’ombra di Clitennestra, sarò la Pitia. Ma non sarò né Apollo né Atena. Le divinità sono affidate ad altri due interpreti che non parleranno in siciliano. In questa nuova versione per Vicenza innesterò allo spettacolo che ha debuttato alla Biennale, la mia ricerca sul blues applicato alla vocalità dei carrettieri, le due grandi parti, dunque, quella dell’inizio in cui racconto tutta la precedente parte dell’Orestea fino all’entrata in scena della Pitia, e tutta la parte finale, in cui racconto del processo che è avvenuto nell’Aeropago, verranno “cuntate” attraverso questa nuova forma di Blues-arcaico. Altra cifra dello spettacolo è la lingua utilizzata. Per queste Eumenidi, utilizzo i modi gergali della zona di Alcamo che è all’origine della letteratura italiana, Alcamo fu la culla del volgare italiano. Nonostante la vicinanza territoriale, l’alcamese è molto diverso dal palermitano. Oreste, la Pitia e Clitennestra parleranno con questi suoni. Per le erinni volevo un colore diverso, una variante più cruda: il “baccàghiu” ad esempio, che è l’argot della malavita siciliana. Quando Pasolini parla di un trono macchiato di sangue il palermitano tradurrebbe lordo. Io scrivo invece n’grasciatu di sangu, che è un lessico più aspro, sa di terra, recupera assonanze lontane, incrostazioni arabe. La suggestione principale per la scena dello spettacolo viene da un quadro di Francis Bacon, che un tempo si era interessato all’Orestea. In questa immagine si riconosce una figura maschile, nuda, vista di spalle, dentro a una struttura geometrica a forma di cubo e che è l’idea da cui siamo partiti, con Pasquale De Cristofaro, e che verrà tradotta scenicamente da me e dagli altri interpreti, provando a svilupparci dentro il tema del sangue, ma anche la varietà di situazioni che la tragedia esige: l’oracolo di Delfi, il tempio di Atena, l’Areopago".

Vincenzo Pirrotta

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