giovedì 9 ottobre, 21:00 | Teatro Olimpico di Vicenza | Acquista bigliettoAcquista |
venerdì 10 ottobre, 21:00 | Teatro Olimpico di Vicenza | Acquista bigliettoAcquista |
Il repertorio dei canti Znamenny che sta alla base di questa danza rappresenta una matrice del tutto aliena alla danza stessa, perché il suo uso era, ed è, esclusivamente legato alla divina liturgia ortodossa. C’è anzi da chiedersi - e lo abbiamo fatto - se non sia del tutto ingiusto e protervo trarre a proprio vantaggio una tradizione secolare scaturita da una reale vita di popolo, che di per sé declassa ogni altro uso come improprio. Ma il nodo consiste esattamente in questo bisogno di attingere a una sorgente straniera ed estranea, che tradisce un senso di mancanza insieme formale e morale, e che spinge per ciò a lasciare ogni forma a portata di mano e a guardare lontano, là dove solo si intravvede qualcosa di giusto, sebbene situato in un tempo e in uno spazio remoti.
Il canto Znamenny del XIV secolo, che collega attraverso una lunga linea il Mar Nero al Mar Baltico, ci ha spinto a recarci in quei luoghi dove una comunione umana fu semplicemente realizzata dando vita a una storia. È vero: noi siamo tagliati fuori dalla sua matrice religiosa, ma è come volessimo imparare un nuovo linguaggio attraverso i segni che questa proietta – e Znamenny significa proprio ‘segni’, quei tratti grafici che servivano per orientarsi
nell’esecuzione del canto. La processione e il movimento circolare sono forme rituali che qui inventiamo ex novo cercando di percorrere la tradizione come un sentiero da imboccare, senza esserne esperti, nella fiducia che quella matrice consentirà il travaso di chi cerca di allineare nuovamente danza e moto universale. Gli abiti sono cerimoniali, più che essere ricostruzioni folkloristiche di antichi paramenti, sono disegnati e cuciti in vista del ballo
come addendi esplicativi del movimento: essi, cioè, svolgono una funzione di tipo tecnico per la danza; e anche sotto questo aspetto c’è, nel nostro fare propria una tradizione aliena, il cercare di comprendere quella speciale congruità tra decorazione e funzione. La parola ‘ballo’ del titolo sottolinea la tendenza a riconvertire la danza all’antico modo formale delle danze popolari, adespote e circolari più che coreografiche. Rispetto poi allo splendore
sonoro della coralità ortodossa più nota, il canto Znamenny, qui eseguito dal vivo dal Coro In Sacris di Sofia, veste un austero indumento come a sollecitare un pensiero che alterna al peso del concetto lo spazio del silenzio. La sua dimensione ritmica dovrà entrare in rapporto con l’alternarsi delle distanze e delle convergenze architettoniche che il Teatro Olimpico del Palladio mette in atto, trovando qui, a Vicenza, un’occasione di eccezionale
esperienza di ciò che significa misura e comprensione.
danza della Compagnia Mòra sui | Canti Znamenny della tradizione russa |
cantati dal vivo dal | Coro In Sacris di Sofia, Bulgaria |
coreografia | Claudia Castellucci |
danzatori | Sissj Bassani, Silvia Ciancimino, Guillermo de Cabanyes, René Ramos, Francesca Siracusa, Pier Paolo Zimmermann |
musica | Repertorio storico dei Canti Znamenny |
coro In Sacris, Sofia | Nikolay Damyanliev, Samuil Dechev, Osman Hayrulov, Miroslav Kartalski, Atanas Kulinski, Ivan Svetoslavov Stanchev, Yavor Stoyanov |
Maestro del Coro | Simeon Angelov |
fastigio musicale finale | Stefano Bartolini |
assistenza coreutica | Sissj Bassani |
abiti | Iveta Vecmane, Riga |
tecnica | Francesca Di Serio |
organizzazione | Valeria Farima |
direzione alla produzione | Benedetta Briglia |
amministrazione | Michela Medri, Elisa Bruno, Simona Barducci |
produzione | Societas, Cesena |
Alot Teatro
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